Lug 11

Azione e immobilità dei personaggi nell’età estrema

Nell’ultimo romanzo di Romano Luperini, intitolato L’età estrema, sono tracciati i profili esistenziali di tre personaggi che, in maniera diversa, si ritrovano faccia a faccia con una crisi catastrofica che investe la società che li circonda.      

Giorgio, Claudine e l’io narrante rappresentano uno spettro variegato dei comportamenti dell’essere umano di fronte ad una società che sta per essere risucchiata in una voragine;  c’è  chi, come Giorgio, facendo parte di una generazione “al di là della disperazione e della speranza”, sifa scivolare tutto addosso; chi decide di “interrompere la catena”; chi , invece, non trovando una reale soluzione , pensa a “far scorrere il tempo”.

Vorrei soffermarmi ad analizzare il rapporto stretto che intercorre tra la protagonista femminile del romanzo, ovvero Claudine, e il professore che dà voce e forma al romanzo. Nonostante compaia solo poche volte all’interno del romanzo, Claudine  è una presenza significativa e costante. Anche quando non si vede , in realtà è sempre presente nella mente dell’ anziano professore che la descrive come una “donna di polso”, come l’unica in grado di avere in mente un progetto di vita. Questo si evince in tutte le pagine che Luperini dedica alla nuova eroina moderna; in particolar modo quando, all’interno del diario romanzato, si fa un accenno alla sua gravidanza:

Stamattina,  a Berkley non sono potuta entrare in biblioteca . Gli studenti protestavano, avevano occupato gli uffici,  sfilavano portando dei cartelli. Sui cartelli c’era scritto: “Protestiamo perché non accada nulla”. Eppure a me è successa una cosa: sono rimasta incinta. (pag. 71)

Anche qui è evidente come l’autore metta in contrapposizione la volontà di arrestare le cose , esplicito nel comportamento degli studenti che rappresentano una parte della società desiderosa di ritornare alla normalità, e l’affermazione del continuum vitae esplicita nelle parole e nei comportamenti di Claudine. Più avanti si manifesta tutta l’essenza del personaggio di Claudine quando afferma:
                                         

E’ stato a quel punto che ho deciso. Tengo il figlio e non vado con Giorgio in Canada.     Io resto qui , la mia vita è qui e questo è figlio mio. Bisogna far accadere qualcosa, interrompere la catena. Siamo fatti a strisce ma non tutte le strisce sono uguali.(pag.72)

Anche in quest’ultimo passo emerge il carattere forte di questa figura femminile che , al di là di ciò che la società si aspetterebbe da lei, cioè che ricomponga il nucleo familiare in Canada, si analizza e scopre i suoi intimi desideri: continuare a vivere nel posto a cui sente di appartenere e non partire per inseguire una vita che non le appartiene.

Il suo personale modo di reagire alla catastrofe che investe il mondo è dare vita; in un neonato è racchiuso il futuro, che lei, a differenza del protagonista, insegue e da cui non sfugge.

È interessante vedere come Luperini ponga il personaggio del professore in netta antitesi con la donna per cui questi ha prova un forte sentimento. Ormai anziano, l’io narrante  fa i conti con la vecchiaia e con ciò che essa comporta: una graduale degradazione del corpo e anche un indebolimento della forza vitale di agire. Se Claudine si configura come un personaggio “agente”, il professore invece si configura come un personaggio che è “sospeso” tra la possibilità di agire e quella di farsi attraversare dall’ ”età estrema” fino all’annullamento.

Dalla lettura di molte pagine del libro, si evince questo senso del limbo, ovvero si avverte la sensazione che il protagonista si muova all’interno di un’atmosfera rarefatta che impedisce di vedere chiaramente  una soluzione.  Il ricordo della giovinezza lo immobilizza, tant’è che afferma:

Voglio soltanto restare fermo , far correre il tempo . Aspettare. Lasciare che la vita continui come le unghie dei morti. (pag.90)

In questo caso, il fluire dell’esistenza, il continuum vitae, è percepito in modo diverso , rispetto a quanto fa Claudine. Una passività di fondo appartiene al personaggio del professore, più che mai evidente nella similitudine tra la sua vita e  le unghia dei morti che continuano a crescere in un corpo inerme e morto. A ciò si aggiunga la pregnanza del verbo  “aspettare” che, chiuso ermeticamente e isolato tra i due punti, sembra enfatizzare questo stato d’animo di attesa e nel frattempo la volontà lasciar scorrere il fiume della vita. Qualche ripensamento sembra inibire, almeno per un momento, il protagonista che però dopo è pronto a perseguire la sua scelta di inerzia. Lo possiamo notare quando dice:

Mi chiedo se non dovrei mettere almeno un fazzoletto davanti alla bocca, proteggermi dalla contaminazione. Ma no, sarà quel che sarà. (pag 104)

Romano Luperini ci ha regalato un romanzo che torna a parlare dell’uomo in quanto essere umano non invincibile,  ma pieno di perplessità e di rimorsi che si trova di fronte alle  paure della contemporaneità. Paure vecchie e nuove, ma essenzialmente eterne.

 L’essere umano ha a disposizione diverse opzioni per reagire a queste paure apocalittiche e l’autore sembra proprio voler evidenziare questo concetto. Lo fa mettendo in mostra le difficoltà di trovare opportune soluzioni ai problemi che incombono sull’uomo contemporaneo. Anche se da più parti si è evidenziato il nichilismo nel romanzo luperiniano, si potrebbe piuttosto pensare che l’autore lasci aperta al lettore la possibilità di scegliere una sua personale prospettiva.

maggio 2008

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