Nel romanzo Vita di Melania Mazzucco la barriera di incomunicabilità linguistica e sociale che circonda i personaggi li spinge, oltre che a concentrarsi su se stessi, ad instaurare un rapporto particolare e privilegiato con gli oggetti che li circondano.
In due luoghi del romanzo alcuni di questi oggetti vengono esplicitamente definiti talismani, oggetti magici in grado di modificare fattivamente la realtà:
Prima di partire, s’era infilata nelle tasche del vestito una quantità di oggetti magici-per tornare a casa mia, spiegò con una certa condiscendenza (p. 37).
Quello stesso giorno entrò al banco dei pegni del padre di Moe Rosen e gli affidò la catenina con la croce di Vita….Era il suo talismano e l’unico segno visibile della promessa che si erano scambiati (p. 301).
Il limone ammuffito e la catenina che Vita e Diamante, i due protagonisti del romanzo, porteranno rispettivamente con sé durante le proprie peregrinazioni attraverso l’America dei primi anni del ventesimo secolo, e il gatto che il personaggio Rocco accudirà, verranno dunque in primo luogo letti quali veicoli di simbologie particolari.
Gli oggetti che Vita porta con sé dall’Italia, il limone ammuffito, la chela di gambero, la foglia di ulivo non sono semplici ricordi, fotografie del suo paese da contemplare con nostalgia, ma strumenti in grado di trasportarla fisicamente a casa propria, sono magici proprio perché in grado di modificare la realtà.
Il primo giorno di permanenza di Vita e Diamante a New York (descritto nella prima parte del romanzo) viene vissuto dai due protagonisti come una meravigliosa avventura: perduti per le strade della nuova città affrontano quello che accade loro con incanto e meraviglia. Ciò che inclina Vita verso questo particolare stato d’animo, oltre alla presenza di Diamante, è la forza ordinatrice degli oggetti che conserva in tasca e che in ogni momento potrebbe ricondurla a casa: la chela, il limone, la foglia di ulivo le danno la forza di affrontare New York, ordinano e rendono familiare una realtà altrimenti incomprensibile. Significativamente l’episodio si conclude con il furto dei talismani, la realtà ritorna incomprensibile e inafferrabile:
Il poliziotto dai capelli color ruggine…sbraitava nella sua lingua incomprensibile[…] Vita non si mosse. Continuava a frugarsi nella tasca, come se l’involto potesse riapparire, perché era impossibile che l’ambulante le avesse preso anche quello-pieno di oggetti che per lui non significavano niente e che dovevano invece riportare a casa lei (p. 39).
Alla bambina non rimane altro che scrivere per terra l’indirizzo di quel padre che non aveva voluto riconoscere al porto e al quale aveva preferito il sogno e l’avventura.
Anche Diamante entrerà in possesso di un suo talismano poco prima di cominciare l’esperienza di waterboy e rinuncerà ad esso proprio quando quella stagione della sua vita volgerà al temine. La catenina di Vita immediatamente presentata come un oggetto in grado di tenere lontano il male (“Mise al collo di Diamante la catenina d’oro con la croce che secondo sua madre teneva lontano il male”), durante le peregrinazioni del protagonista, andrà arricchendosi di significati ulteriori. Al pari degli oggetti magici di Vita il talismano di Diamante è anch’esso in grado di agire e modificare fattivamente la realtà.
Durante le notti passate dal ragazzo dentro il vagone dormitorio, destinato agli operai addetti alla costruzione dei binari ferroviari, quella catenina stretta tra le labbra sarà capace di trasportare vicino al suo giaciglio New York e Prince Street, e il tasso di oggettività di questa situazione sarà talmente alto che “Il sogno ad occhi aperti si fermava sulle scale, perché si interrompeva sempre prima dell’apparizione di Vita. Non voleva costringere la sua radiosa fidanzata a spartire con lui le notti del carro merci, la canimma, i pidocchi e i binari”(p. 252).
La realtà che circonda il protagonista è ancora una volta ostile e incomprensibile e occorre esorcizzarla ogni notte, attraverso le immagini di una realtà alternativa, per riuscire ad affrontarla con sufficiente coraggio durante il giorno:
Incapace di parlare perfino la sua lingua. In squadra stavolta c’erano solo montanari nordici,che facevano società fra loro ed erano l’orgoglio degli ispettori scozzesi. Coi calabresi non si capiva, e la sera, nel buio del vagone, si limitava a scambiare con loro qualche parola franca-americana (p. 253).
Alla fine della sua esperienza di waterboy Diamante tornerà a New York per scoprire che la realtà familiare e ordinatrice che la catenina di Vita evocava non esiste più a causa del tradimento della ragazza: il talismano destituito di qualsiasi valore e privo ormai di magia verrà distrutto e il protagonista comincerà la sua vita di perenne esiliato.
Accanto agli oggetti magici di Vita e Diamante possiamo collocare un animale, precisamente un gatto, che assumerà una particolare valenza simbolica nel racconto delle vicende di Rocco.
L’autrice fa in modo che l’ultima immagine del personaggio Rocco risulti indissolubilmente legata, nella mente del lettore, a quella di un gatto che “incauto e indolente, lento e circospetto, abbia attraversato il pavimento di una stanza-lasciando, involontariamente,le sue tracce nella polvere” (p. 238): il riferimento a questo particolare animale non è casuale.
Riferimenti al gatto Cistro, salvato da Rocco, la sera in cui alcuni ragazzini cercano di bruciare vivo l’animale, accompagneranno spesso questo personaggio durante tutto l’arco del romanzo. Il gatto, muto come i talismani di Vita e Diamante, è anch’esso veicolo di una particolare simbologia: nell’animale, infatti, andrà sempre più oggettivandosi l’impulso libertario del Rocco della prima parte del romanzo:
Per Merluzzo niente è importante….A eccezione del suo gatto….che nutre personalmente-ripetendo quanto sono intelligenti i gatti, che non sono servili come i cani, tanto che perfino Cistro, stufo di dovergli qualcosa, un giorno potrebbe piantarlo per un altro padrone il che dimostrerebbe non la sua ingratitudine ma la sua libertà (p. 161).
E quando Rocco, entrando nel giro della malavita, comincerà a rinunciare alle proprie aspirazioni alla libertà sarà proprio Cistro che continuerà a racchiudere in sé la parte migliore del personaggio. Importante a questo proposito è proprio il contesto entro cui si viene a collocare la notizia della morte dell’animale: l’uccisione del boss Bongiorno per mano di Rocco che aspira a prenderne il posto:
Venera gli aveva raccontato,divertita, che la morte del decrepito gatto Cistro aveva gettato Rocco nella costernazione. Per quel gatto guercio e scorticato un uomo come lui, che nessuno aveva mai visto non dico commosso, ma nemmeno turbato, aveva pianto…..Ma Rocco non era a lutto per il suo gatto (p. 310).
La morte del gatto sembra alludere simbolicamente alla definitiva rinuncia alla libertà da parte di Rocco: il personaggio finirà infatti con l’accettare i pesanti condizionamenti imposti dal potere mafioso. Una volta perduto il proprio talismano e con esso la parte migliore di sé si vedrà il personaggio prendere risolutamente il posto del boss Bongiorno a capo dell’organizzazione mafiosa.