Lug 12

La Mazzucco e il cinema

Analizzando il romanzo della Mazzucco, Vita, ci rendiamo conto di quanto la scrittrice sia vicina, e parte, di quel movimento letterario tardonovecentista che passerà alla storia della letteratura sotto l’etichetta di Postmoderno. Il citazionismo, la ripresa e rielaborazione di motivi già presenti, caratteristica ricorrente nei dettami proposti da questa corrente, non si limita ad attingere, nella ricerca di materiali sapientemente sottoposti a collatio e rivisitazione, al precedente repertorio libresco, al campo della novellistica e del romanzo di fine Ottocento, ma fa buon uso anche di documenti, fotografie, archivi, lettere e, perchè no, del bagaglio culturale che l’esperienza cinematografica vissuta negli anni ottanta ha fatto sì che la scrittrice acquisisse.

In quegli stessi anni, infatti, in cui la scrittrice frequentava la scuola di cinema a Roma, nelle sale italiane venivano proiettati tutta una serie di films che richiamavano in qualche modo il ruolo dell’immigrato italiano negli Stati Uniti, dalla nota saga de Il Padrino, a quello che da molti è stato definito l’epitafio cinematografico di un celeberrimo regista, C’era una volta in America,di Sergio Leone. Costato dodici anni di lavoro, C’era una volta in America, già dal titolo, è un film che fa allusione al tema della memoria.

E il tema della memoria, come abbiamo più volte riscontrato, è il punto cardine attorno al quale il romanzo della Mazzucco in analisi ruota; la memoria storica del protagonista del film, Noodles, così come quella dei due protagonisti del romanzo, Vita e Diamante; quella ebraica e del lower East-side ( il quartiere italiano nella città in cui si svolge la vicenda del film di Leone), come quella cattolica (un cattolicesimo posticcio, è vero, così come l’ebraismo del film in questione, permeato da elementi di culture “altre”, come quella circassa di Lena) e della italianissima Prince street; ma anche la memoria di Sergio Leone, che ha voluto ricordare le sue lontane origini culturali, così come Melania Mazzucco ha voluto fare, mediante la rievocazione vissuta delle vicende del suo avo, e di quella che sarebbe potuta essere sua nonna.

Il film, come accennavo, è per Sergio Leone il suo kaddish, o testamento spirituale, una sorta di mezzo con cui rievocare per non dimenticare. Così è pure per la Mazzucco, che, a mezzo del proprio romanzo, vuole perpetrare la memoria di vicende che, altrimenti, essendo ella l’ultima discendende della sua famiglia, andrebbero perdute cadendo nell’oblio (vedi ultimo capitolo). Il film è emblematico delle illusioni e delusioni del regista, così come la rivisitazione degli “anni americani” da parte di Diamante, e delle sue istanze di giustizia sociale; inoltre, Leone è un regista “epico”, costruttore di miti, che parlano in un linguaggio simbolico: non è forse lo stesso per la Mazzucco?

Il tono “epico” del discorso e del susseguirsi delle vicende è evidente nel romanzo. Miti appaiono agli occhi di un lettore attnento la trasfigurazione idealizzata dell’America per coloro che bramano approdarvi alla ricerca di un futuro migliore, ma anche figure evanescenti come quella del rabdomante Federico, o statuarie ed inflessibili come quella di rocco, o potenti e venerate come quella di Cozza, o avare e calcolatrici come quella di Agnello.

Ma le assonanze fra i due prodotti artistici sono ascrivibili anche ad una sfera più bassa, legata a coincidenze oggettive assai più immediate ed evidenti.
Grande importanza nel romanzo rivestono i suoni. Il grammofono canta quella che sarà la colonna sonora dell’intera vicenda dei personaggi: lo stesso accade nel film, in una delle scene iniziali, quando Deborah, bambina, danza al suono di una musica che, emessa dal grammofono, accompagnerà tutta la vicenda.

Quando Diamante lavora alle ferrovie, la donna che insegna ai braccianti la lingua inglese gli regala un romanzo di un “tale” Jack London: Jack London legge anche Noodles rifugiandosi in bagno, perchè nessuno lo disturbi. Inoltre, l’amore che riguarda i protagonisti nasce in entrambe i casi fin dall’infanzia, e sarà un’amore tradito per mezzo di coloro che i protagonisti maschili considerano più che amici, dei veri e propri modelli, e a cui vorrebbero in qualche modo piacere, al confronto dei quali si trovano in un rapporto di sudditanza, anche solo a causa della differenza d’età.

Presente è in entrambe i casi il tema del riformatorio, che non corregge il carattere dei personaggi, ma che comunque vi crea un solco profondo. Max, l’amico (e punto di riferimento) di Noodles, lavora in un’impresa di pompe funebri; la stessa cosa fa Rocco: in entrambe i casi l’attività funge da copertura per i loro loschi traffici. Infine il tema del sogno: Vita disegna sulla sabbia, disegna la sua casa, quella casa che sogna di edificare nel pezzo di terra che ha comprato; Max disegna sulla sabbia, disegna e progetta il grande colpo che ha sempre sognato, quello alla banca, che poi non verrà messo a punto, così come probabilmente neanche la casa che vita ha progettato, e in cui per un attimo sogna di vivere con Diamante, verrà edificata. I loro sogni, i loro “castelli di sabbia” (è il caso di dirlo), sono destinati in entrambe i casi a sgretolarsi.

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