The track gang è, tra i capitoli che compongono il romanzo Vita di Melania Mazzucco, quello che forse meglio ricostruisce e presenta le disumane condizioni lavorative alle quali venivano sottoposti i lavoratori italiani emigrati in America durante i primi anni del ventesimo secolo.
Il capitolo si apre con la presentazione del tragico personaggio Agosto Guerra: un uomo che non riuscendo a mantenere la famiglia con i magri guadagni del suo lavoro di operaio ferroviario, decide di procurarsi un infermità permanente per ottenere dalla compagnia per la quale lavora un indennizzo di 1500 dollari bastanti a farlo uscire dalla miseria: autoamputazione di una gamba e mancato indennizzo saranno il suo futuro.
Il personaggio Agosto Guerra si arricchisce di ulteriori significati se messo in relazione con il triste elenco “di vite stroncate e senza valore” che occupa la parte centrale del capitolo: uomini che come Agosto rimangono vittime di un sistema economico di sfruttamento che non consente loro alcun tipo di riscatto. Il caso Agosto Guerra non è dunque altro che la storia-tipo del lavoratore immigrato nell’America d’inizio secolo scorso: la disperazione e la speranza di questo personaggio archetipico diventano le stesse degli uomini inseriti nella triste lista, le cui storie nel romanzo non possono essere narrate estesamente.
Altro problema tutto novecentesco, affrontato in questo capitolo, è il modo di interpretare la vita umana proprio delle grandi compagnie industriali: l’uomo non più considerato nella propria interezza viene degradato al rango di oggetto, piccolo ingranaggio di una immensa catena produttiva da sostituire con la minima spesa quando non sia più in grado di svolgere il proprio compito con la massima efficienza.
Significativa a questo proposito è l’ultima parte del capitolo. Diamante, il protagonista maschile del romanzo, resosi conto della disumanizzazione e della non-vita che il sistema dentro al quale lavora gli impone, decide di fuggire:
Diamante…fuggì perché vide morire il suo compagno, e vide la sua vita valutata meno dell’acqua che tremolava nei secchi di legno (p. 277)
Se l’acqua potesse parlare, resterebbe qualcosa di questi anni…Invece nell’acqua senza memoria non resterà traccia della rabbia e della solitudine che ha conosciuto. Questi anni li ha persi,per sempre (p. 283).
Per salvare la propria umanità al protagonista non resta dunque altra scelta, dopo aver rifiutato il sistema lavorativo americano, che farsi misura e sistema di se stesso: questo uno dei messaggi più significativi di cui si carica la figura del giovane Diamante.
Lo stile di vita del quale il protagonista si fa portavoce ha però un prezzo: la solitudine. Essa domina l’ultimo paesaggio che circonda Diamante alla fine del capitolo:
Un paesaggio marino-senza tempo e senza storia, muto e informe, per miglia e miglia[…]La cui ossessiva solitudine lo intontiva lo agghiacciava, lo disorientava. Gli toglieva il senso della direzione, del corpo, di sé. Divenne un ciuffo smarrito nella prateria, sradicato dal vento (p. 283).