(di NATALE TEDESCO)
Ho conosciuto Domenico Starnone in Calabria nel 2001, quando vinse con Via Gemito il Premio Alvaro. Ero contento che avesse vinto questo premio, soprattutto per la mia passione verso Alvaro, uno di quegli autori straordinari che meriterebbe un posto di maggiore rilievo nella nostra storia letteraria.
L’esibito riferimento ad Alvaro nell’ultimo romanzo, Labilità (Feltrinelli, 2005), è un segno significativo che mi conforta molto. Starnone è stato un uomo di scuola, anzi ha esordito con dei libri su questa sua esperienza (tra l’altro uno di essi, Ex Cathedra, è stato ristampato di recente). È importante leggere anche questo libro perché ci aiuta a capire alcune motivazioni dello scrittore. Da due suoi libri sulla scuola sono stati tratti dei film.
In Calabria mi piacque di Starnone il modo discreto di parlare del suo lavoro. Devo confessare però che la mia primitiva adesione nei suoi confronti è anche frutto della mia formazione napoletana. Via Gemito, ad esempio, mi ha evocato il ricordo di certi luoghi napoletani ancora prima di leggerlo.
Come ho detto, in Labilità si attribuiscono al romanzo dell’esordiente Gamurra, personaggio contraltare di chi scrive, influssi di Alvaro e di Jovine. Allora è forse il caso di chiedersi: e Starnone? Non è anche lui vicino alla prosa tra narratività e lirismo, contenuto, non straripante quale fu quello di Alvaro?
Che cos’è, poi, la labilità del titolo? In generale, è la tendenza a un rapido e improvviso dissolvimento che psicologicamente può spiegarsi con il termine instabilità.
Anticipando una possibile ottica di lettura, la labilità del romanzo, partendo dall’immaginario infantile con la genesi di mondi finti o simulati per gioco, esita, in conclusione, nella rappresentazione dell’attuale nostro mondo virtuale. Ci sono, certo, gli appigli di una realtà più concreta, tuttavia anch’essi si dissolvono. Quando il personaggio-scrittore elenca le ragioni per le quali è spinto ad andare a trovare Nadia, la futura giovane amante – per altro di breve stagione – alla fine, non può che concludere che a motivarlo era la voglia non tanto di fare sesso quanto di raccontarne. E qui, per esempio, si pensi alle pagine in cui dopo gli incontri amorosi con Nadia, dopo il sonno seguito agli amplessi, il personaggio pare tornare dall’amorfo. Ma il significato specifico di labilità viene definito dall’autore stesso e, infatti, in La retta via. Otto storie di obiettivi mancati (1996), lo scrittore puntualizza come la labilità consista nella “esposizione-disposizione a scivolare facilmente da un piano all’altro”.
A me pare che Labilità sia un romanzo a più strati e, con lo scandaglio di essi, avviene lo scivolamento dei piani nel loro abile dissolvimento. E questo anche attraverso l’esperienza del cinema, per cui la labilità delle immagini richiama la tecnica della dissolvenza, la sparizione lenta delle cose e delle figure, in particolare quella che per i tecnici del cinema è la “dissolvenza incrociata” tra una sequenza che finisce e una che comincia. E così avviene anche nel romanzo: l’apparire e il disparire, e il nuovo riapparire della figura della madre sono dissolvenze che l’arte cinematografica ha pienamente profuso.
Devo anche dire che, certamente, questo romanzo è metaletterario, ma non nel senso di un romanzo in cui lo scrittore rivela i caratteri della sua composizione, come ha fatto più di una volta Calvino, si tratta, piuttosto, di una speciale metaletteratura: non è lo svelamento del processo combinatorio, ma è il percorso attraverso cui il personaggio-scrittore ha interiorizzato le sue esperienze. Il gioco inventivo del bambino, cioè del protagonista quando era bambino, le sue stesse falsificazioni, diventano la molla segreta, primigenia, del gioco della scrittura. Infine, come già si è osservato, a pagina 237 il protagonista ammetterà di recarsi da Nadia non per fare sesso ma per raccontare il sesso che ha fatto, cioè per scriverne. A pagina 282 c’è un passo in cui lo scrittore dice:
Per me le parole sono un gioco, ci aiutano a inserirci nel racconto bugiardo che ci facciamo ogni giorno del mondo. È stato sempre così e non posso farci niente. Scusatemi, devo esercitarmi a smettere di parlare, a smettere di scrivere.
L’ambiguità falsa dell’invenzione infantile prepara e abilita alla labilità della letteratura dove menzogna e verità coesistono in una rappresentazione “due volte reale” come direbbe Vittorini. Ma, a questo punto della nostra lettura, all’ipotesi dell’influenza di Alvaro, si può aggiungere, per il racconto Altre destinazioni, quella di Bontempelli, considerando il suo capolavoro La scacchiera davanti allo specchio. C’è lo stesso modo di passare dal reale al fantastico e dal fantastico al reale che è proprio della scrittura di Bontempelli; ed egli pubblicava la sua opera nel 1922, vale a dire in un decennio che riteniamo dei più creativi della prosa italiana del Novecento.
Quindi, oltre Alvaro e Jovine, Bontempelli può essere considerato un altro autore fondante nella formazione di Starnone. Il suo immaginario, infatti, potrebbe essere ricollegato geneticamente ad una tradizione bontempelliana.
Per concludere, al momento, è opportuno tornare su di un aspetto innovativo della composizione, della formalizzazione di Labilità. Il suo voler rappresentare la virtualità delle modalità della comunicazione odierna. Ciò è reso esplicito quando il protagonista definisce la sua corrispondenza precaria con la moglie Clara attraverso le e-mail: “Parlavo con la sua figura d’aria facile a dissolversi”.
Il gioco è sempre quello dell’apparire-disparire della realtà che preme eppur dilegua. L’insistenza su questa tematica fa pensare che il romanzo abbia sì un forte ancoraggio alla problematica della tradizione letteraria italiana, ma stia anche prepotentemente al passo con l’attualità. Labilità, non si apre solo al racconto della nostra realtà virtuale, ma costituisce una rappresentazione complessiva del mondo d’oggi che si fa anche sua interpretazione critica. Le ‘nuove’ ragioni narrative si esplicitano con i nuovi contenuti concettuali.
ottobre 2006