Lug 29

Il diritto alla felicità

Il capitolo si apre con la descrizione della festa di S. Rocco, a Mott Street. E’ una calda giornata di agosto, la folla accalca la strada, si avvia, rumorosa, eccitata, dietro la statua del santo. Vita osserva, cerca, non è lì per festeggiare. E’ tornata nel quartiere per cercare Diamante tra i ragazzi che partecipano alla festa: S. Rocco tutela la fertilità. E’ un corpo estraneo in mezzo alla folla, un corpo che spicca, come il fallo di marmo, abbagliante, che le indica quasi la direzione. Non trova Diamante, ma vede Rocco, che si accorge di lei.

Vita si ritroverà, molti anni dopo, in un contesto diverso, nella Roma del Giubileo, a cercare Diamante. Di nuovo, la funzione religiosa non le interessa, non la riguarda, nella funzione religiosa, cui gli altri partecipano, la sua ricerca è rivolta a Diamante, il suo dio, il suo eroe. Di nuovo non troverà Diamante, ma, questa volta, suo figlio Roberto. La loro storia li vedrà dividersi, promettersi e ritrovarsi più volte, di nuovo riperdersi.

L’America li ha separati e uniti per sempre.
Ci sono molti contrasti, come nella vita vera. La festa orgiastica e sacra, la folla eccitata e commossa. Rocco, “un uomo come lui, che nessuno aveva mai visto non dico commosso, ma nemmeno turbato” (p. 310), che prega e canta sinceramente in Chiesa, si emoziona; grande, protettivo, ma dal sorriso dolce e l’aria angelica; abita in una “casa vera” (p. 265), cena in un ristorante francese, ”stima le donne meno del suo gatto” (p. 271), e, poi, cerca una ragazza in cucina, che puzza “di fritto e di sugo” (p. 269); Rocco, che ha venduto tutto per “un’illusione inconsistente” (p. 269). Vita, con la sua incrollabile fiducia in Diamante, il cui pensiero ha permesso, ”ad una ragazzina come lei, di sopportare tre interminabili anni di collegio” (p. 266), è ora così cedevole. E, infine, la scena del bacio all’agenzia funebre: passione e morte, un’altra festa – è un compleanno, si commemora una nascita – e lutto. E, in mezzo alla sala, due persone che si abbracciano e si baciano, senza conoscere la vera identità dell’altro.

Lei non sa un granché della sua vita, Rocco è apparenza, finzione – il benessere, il lusso, il doppiopetto, la brillantina sui capelli, l’automobile. A lui sfugge e lo affascina il suo mistero, la sua spontaneità, quell’ ”essere tutt’uno con se stessi” (p. 269) e sembrare quello che si è. Sembra, a volte, che si voglia tentare un recupero del passato. Vita è tornata e vorrebbe vedere se, sulla porta della casa di Prince Street, il corno sia ancora appeso; vuole ritrovare il ragazzino con gli occhi azzurri, che l’ha lasciata. Rocco le accenna un sorriso, quando la vede, come il primo giorno in cui gli è apparsa, e, attraverso la voce di Enrico Caruso, ricostruisce l’atmosfera della vecchia cucina e rivede Geremia, Coca-Cola, Diamante, Lena, con in grembo il bambino, e Vita bambina. Ma, è ribadito ben due volte, il passato non ritorna.
Rocco e Vita, l’uno attraverso gli occhi dell’altra, si idealizzano.
Rocco è l’uomo che, contro tutto e tutti, è arrivato al traguardo, ce l’ha fatta, è diventato ricco, superbo, ma anche generoso e comprensivo con i più deboli. La sua corporatura imponente, gigantesca, ”grosso come il tronco di un platano”(p. 267) ne fa quasi un eroe di frontiera.

Vita, nello sguardo di Rocco, ha una luce di fonte ignota che le illumina il viso, un corpo morbido e seducente, il potere di sottrarsi al tempo e vivere solo del presente, di restare estranea, indifferente a questo mondo, di crearne coi sogni un altro, di brillare fra le miserie della realtà.
Entrambi sono accomunati da un dono, un talento, che li distingue e li determina: quello di spostare gli oggetti, di sentire le cose, lei; “il talento dei pugni, la freddezza con i coltelli e, in generale, con gli altri”(p. 131), lui. Diverso è, però, l’uso che ne fanno, il modo di accettarlo. Vita sogna, crea un altro mondo, Rocco cerca invano di cambiarlo.
Rocco è, per destino, carattere e aspetto, opposto a Diamante. All’inizio, Diamante sembra e si ritiene infrangibile, ma gli eventi della vita lo portano al fallimento. E, paradossalmente, Vita passa dalle braccia dell’uno a quelle dell’altro.

In America, Vita ha imparato delle regole: ha imparato che coloro che vi entrano diventano americani, che l’America è pronta ad accogliere i reietti dall’Europa, che, qui, ognuno è libero di diventare quel che vuole e la Costituzione ti garantisce il diritto alla felicità. E il tentativo alla felicità è il filo che lega tutto il capitolo e collega le vicende dei personaggi, dalla processione, attuata per scacciare la miseria, l’indigenza e chiedere fertilità e abbondanza, ai tentativi, riusciti, di Rocco di raggiungere il benessere, di avvicinare, poi, Vita e possederla, fino alla corsa in auto e alle risate di Vita, e al suo abbandonarsi al bacio e al sogno.

L’America diventa simbolo di questa speranza, è il vuoto da riempire con le aspettative e i sogni, è il sorriso rosso perfetto di un cartellone, il fastidio per la morte e la tristezza, un paese che muta di continuo, estende strade e binari ed erge grattacieli. E’ il salone del ristorante, fuori dalla cucina, l’Ottava strada, dopo i quartieri della miseria, la proprietà da acquistare che, in ogni caso, è un furto agli altri. E’ un film sui cow-boy, una conquista. Un desiderio: “essere sempre happy” (p. 181).

La folla alla processione, il ragazzo che vende i giornali e trova in Vita un attimo di piacere, Agnello, che vuole vivere, ormai, in pace con i suoi figli e abitare in un quartiere dove nessuno lo conosca, Nicola, sempre distratto, innamorato e svogliato in ogni lavoro, Rocco, Vita, Diamante, ogni emigrante, ogni americano, ogni uomo, tutti si abbracciano in questa ricerca, in cui consiste, forse, la vita.

La narrazione è in terza persona, ma, a volte, la voce narrante passa a Vita o a Rocco, proponendo direttamente l’ottica dei personaggi. I pensieri vengono riportati come un dialogo interiore.
Il capitolo è costruito su descrizioni, interrotte dai pensieri e qualche battuta di dialogo. Le frasi sono brevi, per lo più coordinate, anche nominali, danno immediatezza. Prevalgono l’imperfetto e il presente; il passato remoto compare, soprattutto, nell’evento del bacio, il ritmo si accelera nella parte finale, rendendo il senso di qualcosa di furtivo e inaspettato.

Il linguaggio riproduce meccanismi del parlato, dislocazioni a destra, a sinistra, frasi scisse, esclamazioni. Il lessico è semplice, colloquiale, informale; qualche espressione è tratta dal dialetto. I sostantivi e gli aggettivi scelti danno vita a scene vivide, concrete, che hanno la consistenza della realtà. Allo stesso tempo, in altre scene, come quella in macchina e quella in agenzia, riescono a rendere un’atmosfera trasognata, distante dal reale.

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