(di MANFREDI CONSIGLIO)
Palermo, Mercoledì 25 Marzo 2020, ore 20:00
Piove.
La città deserta ascolta.
Palermo non ha mai sentito la mancanza di nessuno.
Oggi è sola.
Come ieri e l’altro ieri, come tre giorni fa. Diciotto giorni sono passati dalla mia reclusione forzata. Ho alternato brevi uscite. Gettare la “munnizza”, come chiamiamo qui la spazzatura, mi permette di controllare il quartiere della Palermo “bene”: tutta gente che rispetta le regole, a un metro l’una dall’altra. Questa è l’impressione. Che statistiche mai potrò avere, contando le possibili effrazioni del mio mondo?
La gente attende.
E io?
Le mie giornate sono lente. Produttive a giorni alterni. Il morale è alto. Il morale è basso. Seguo le notizie e spesso mi lascio trasportare da esse.
Piove ancora.
La mia stanza E la mia testa. La mia stanza È la mia testa. Sorrido pensando di aver scritto una grande frase. Lo è?
Ordino, spolvero, leggo e studio. Mi lamento delle lezioni a casa. L’ultima materia universitaria dovrebbe avere una dignità maggiore, mi dico. Nel profondo però mi incuriosisce l’avere i professori alla portata di un braccio. La mia stanza è la mia testa. Vivo solo con mia madre. Mantengo un’apparente sanità mentale uscendo solo per i pasti e per farle breve compagnia. Sto esagerando. É sola lei. Come sono solo io. Come siamo soli tutti. Sto esagerando ancora.
Grande conforto ho da Internet, posso vedere la mia Tania nel piccolo schermo del pc. Piove ancora mentre scrivo.
Dopo mesi di siccità la natura ha preso il sopravvento? L’assenza dell’uomo ha risvegliato l’intorpidita natura?
Dentro e fuori.
Sento l’acqua della pioggia scorrere nelle finestre. Le mie piante di avocado reggeranno? Mi dico: “che diario triste Manfredi”. Penso: “non ero inizialmente affascinato dalla quarantena?”. Invece mi manca il mio mondo. A tratti.
Il mio lavoro da insegnante privato, le mie allieve. Tornare a casa con la testa che scoppia sapendo che in fondo a loro non frega niente di imparare. La mia stanza è la mia testa perché ho bisogno che sia a posto. Non dico ordinata. Non amo l’ordine. Deve essere a posto, ogni cosa deve essere nel posto che dico io. Perché lì deve stare, mi serve che stia lì. La mia stanza e la mia testa sono i luoghi che abito.
Piove e la città deserta ascolta l’italiano che canta alla finestra.