Mag 07

Diario in tempo di… Capaci, 3 maggio 2020

(di ALBA CASTELLO)

3 maggio 2020
Ore 8:03

Sento gli occhi ancora sgualciti dal sonno. Sorseggio un caffè amaro, distrattamente, davanti al pc. La mia cattiva abitudine di trascurare la colazione. Inizia così, scialba, un’altra domenica di quarantena. L’ultima prima della “fase 2”. La “Fase 2”: una locuzione entrata in sordina e con prepotenza nell’anticamera delle nostre giornate. Ma per chi, come me, vive di “pane e parole” quanto pesa l’essenzialità agghiacciante di un lessico militare!

Ore 9:00

Smanio. Inizio a scrivere e poi interrompo, alla ricerca della posizione giusta. Cambio stanza, indugio, in attesa del luogo perfetto.
La luce intanto irrompe bonaria dalla finestra, fa brillare la polvere sopra alcuni libri, mi ricorda pagine dimenticate, che aspettano di essere rilette. Sarà l’aria di primavera, che intiepidisce già le prime ore del giorno, sarà la nostalgia delle stanze del Dipartimento e della voce della mia vulcanica maestra, che comme d’habitude accende in me nuove voglie letterarie, sarà il bisogno di accostare il mio isolamento fisico a quello di altre penne… Qualunque sia la motivazione – e forse lo sono tutte – ho deciso di scrivere anche io, oggi, una pagina di diario.

Ore 16:00

Scrivere una pagina di diario è un po’ come una madeleine, mi riporta all’infanzia. Ma anche allora, ad essere onesti, era una consuetudine alla quale non ero troppo fedele, inghiottita dal vortice delle giornate o sopraffatta dal pudore del parlar di sé.
La mia domenica inizia con la correzione dei compiti dei miei allievi. Questionari di storia compilati su Moduli online, ancorati alle classi virtuali. Temi in foto, sfocate e sbilenche, naturalmente. Documenti in word, nella migliore delle ipotesi, più semplici da rivedere ma immancabilmente zeppi di refusi.
La didattica a distanza riempie le mie giornate. All’inizio l’avevo solo accettata, recalcitrante, oggi la sento come necessaria (almeno fino a quando non si potrà tornare ad avere di più…). Ma non posso far a meno di percepirne i limiti, le mancanze.
Sono ancora irrequieta. Interrompo la correzione e scorro le pagine del Registro elettronico. Leggo distrattamente gli argomenti svolti in aula negli ultimi giorni di scuola e facendolo riesco a ricostruire, a ricordare, momenti passati. È sorprendente come a riaffiorare alla mente siano soprattutto i dettagli. Procedo a ritroso fino al 3 maggio 2019, un anno fa. Il registro cartaceo certo non lo avrebbe permesso, limitato com’era al singolo anno scolastico. Ricordo quella giornata, forse non troppo diversa da altre, ma a ripensarla adesso mi appare bella.

Palermo, Corso Vittorio Emanuele numero 27. Fra storia e magia urbana attraversavo “la porta che dà sul mare”. La mia giornata iniziava con l’odore della cala e quello – meno piacevole – del piscio dei senzatetto che trovano riparo sotto i portici. Di quella mattina ricordo una sala docenti piena di fogli in disordine, un saluto volante del Dirigente, un foglio firme con la data sbagliata. Non era un giorno di sole ma nelle aule il caldo si faceva sentire. L’estate arriva sempre con anticipo tra i banchi di scuola. Ricordo la prima ora di quel venerdì, i volti assonnati dei ragazzi, le loro posture non troppo composte. Pochi libri sparsi in disordine tra i banchi, affinché più persone potessero seguire insieme. Era l’ora di Divina commedia. Ricordo i loro, i miei libri, le pagine sgualcite e gli orecchioni. Come ogni volta, appena iniziata la lettura, in un’altalena di interruzioni e domande, avevamo finito per distogliere lo sguardo dalla pagina. Era in quegli incontri visivi che si cercava il significato dei versi.

Ad un anno di distanza da quella mattina di maggio 2019, con ragazzi diversi e in luoghi diversi, da casa, dovrei trattare gli stessi argomenti, rimodulando i programmi ministeriali ad hoc, favorendo l’apprendimento – recita il decreto – anche nello stato di emergenza e di quarantena in cui ci troviamo. Ho fatto tesoro delle mie competenze digitali, ho cercato di applicarle alla didattica adoperando al meglio le TIC (#tecnologieinformatichedigitali), convinta della loro forza pedagogica. Ma ora che nelle mie lezioni posso predisporre analisi testuali interattive, servirmi di suoni e immagini a supporto dei documenti e promuovere senza remore la costruzione di ipertesti, più di quanto avrei mai potuto sperare un anno fa, adesso, il prezzo da pagare è fin troppo alto, come intrappolati dentro a una LIM (#lavagnainterattivamultimediale) scontiamo l’assenza del contatto umano. L’ironia abbonda. Dietro una webcam, tanto più preziosa perché attualmente l’unica finestra sul mondo dell’altro, siamo tenuti insieme da una connessione ballerina, andiamo avanti superando i problemi tecnici, con le orecchie tese ad ascoltare i vari “prof, non la sento” e “prof, non ha condiviso lo schermo”, cercando di infondere certezze che non abbiamo. Ma durante le video lezioni, a torto o a ragione, riusciamo anche a sorridere di questo nuovo fare scuola da lontano.

Ore 20:00

La giornata volge ormai al termine. La luce artificiale del televisore inonda con la sua presenza ingombrante la stanza. Il volume è troppo basso. Vengo irrimediabilmente distratta dalle immagini del tg e rimango appesa all’idea di star perdendo qualcosa.
La scrittura riesce in modo sorprendente a divorare le ore. Ma, come una sigaretta fumata troppo in fretta, è un unguento ed una droga. Accompagnata dal grato gioco delle parole, sta per concludersi la fatidica FASE 1 e anche il mio diario improvvisato, solo per un giorno. O forse no…

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