(di FRANCESCA MUSSO)
Nascita al tempo del Coronavirus.
Sciacca, mercoledì 8 aprile 2020
Ore 08:00
Ed eccomi qua, in questa stanza di ospedale pronta ad accogliere la mia piccolina. Sono passati nove lunghi mesi e il momento tanto atteso è finalmente arrivato. La mascherina è d’obbligo, molto fastidiosa durante la respirazione. I medici e le ostetriche oltre alla mascherina indossano anche la cuffia, il camice sterilizzato monouso e il copriscarpe. Solo gli occhi restano scoperti.
Nonostante le precauzioni, la paura rimane. Vorrei avere il conforto, il sostegno, di mio marito e dei miei genitori. Loro sostano in auto nel parcheggio antistante l’ospedale e sono in trepidante attesa.
I dottori e le ostetriche sono molto premurosi, la loro missione è quella di lasciare un ricordo indelebile di questo giorno, seppur in un periodo terrificante e di emergenza sanitaria. In questa situazione dai contorni sempre più surreali il personale sanitario diventa come una seconda famiglia e mi rendo conto che l’unica scelta che mi rimane è il coraggio. Presto avrò fra le braccia la mia piccola Mariella.
Entra in stanza l’infermiera con mascherina e guanti, per eseguire il monitoraggio, come da protocollo sanitario. Bisogna controllare la frequenza cardiaca della bambina e le contrazioni dell’utero. Ogni sessione del monitoraggio ha una durata minima di mezz’ora. In questo lasso di tempo la frequenza del battito risulta più regolare e monotona, probabilmente la bambina si è addormentata e così l’ostetrica tenta di ridestarla somministrandomi una bevanda zuccherata. Il tracciato viene ripetuto frequentemente ma continua a non soddisfare tutti i parametri (tecnicamente si dice che il tracciato è poco rassicurante).
L’ansia continua ad aumentare. Sono molto preoccupata non soltanto per me ma soprattutto per la mia bambina.
Ore 14:30
Finalmente è di turno il ginecologo che mi ha seguita per tutto il periodo della gravidanza. La sua sola presenza mi infonde tranquillità. Viene ripetuto l’ennesimo tracciato ma la situazione non sembra migliorare. Il mio ginecologo, di comune accordo con l’ostetrica, sospettando una sofferenza fetale, decide che è opportuno seguire la via maestra intervenendo con un taglio cesareo.
Il personale infermieristico mi aiuta ad indossare il vestiario per la sala operatoria. Finalmente sono pronta per sottopormi all’intervento, prima però avverto telefonicamente mio marito e i miei genitori. In sala operatoria mi attende l’équipe chirurgica: due ginecologi, l’ostetrica, l’anestesista e gli assistenti.
Il taglio cesareo viene effettuato con anestesia loco-regionale, di tipo spinale, più sicura sia per me che per la mia bambina. L’anestesia viene eseguita attraverso una particolare iniezione nella zona lombare comportando una perdita della sensibilità dolorosa dall’ombelico in giù.
Finalmente ci siamo, manca poco e potrò abbracciare Mariella.
Ore 16:28
Il pianto della mia piccolina appena nata mi riempie il cuore di gioia. È il più bel momento della mia vita. Il chirurgo mi pone tra le braccia la mia bambina e non riesco a trattenere le lacrime. È un’esplosione di emozioni.
La mia piccola ha i capelli neri, folti e degli occhi grandi che mi fissano. Non vedo l’ora di condividere questa gioia con i miei cari.
Vengo trasferita in una saletta adiacente alla sala operatoria e lì ad attendermi c’è mio marito. Non l’avevo mai visto così emozionato e felice. Ci abbracciamo. Adesso siamo una famiglia.
Dopo il bagnetto e la visita del neonatologo arriva Mariella dentro la culletta n. 8 avvolta nelle coperte. Non riesco a trattenere le lacrime per la forte emozione. Dopo circa venti minuti è il momento di salutarci, ci saremmo rivisti solo dopo due giorni, al momento delle dimissioni.
Avrei voluto festeggiare questo nuovo inizio con il supporto e l’amore dei miei genitori, dei parenti, degli amici. Invece, mi ritrovo da sola. Ma se queste misure restrittive sono necessarie per sconfiggere il ‘nemico invisibile’ è giusto che sia così. In questi casi la tecnologia, le chiamate su Skype, i video, le foto, ci aiutano ad accorciare le distanze e a sentirci più vicini. Avremo tanto tempo a disposizione per dare il benvenuto a Mariella, una volta passata la tempesta che stiamo vivendo.
Quando arrivo in stanza, da sola ovviamente, senza nessun palloncino, senza confetti, bomboniere, senza fiocco, penso che tutte queste cose sono solo dettagli e non rappresentano la felicità. Anzi, forse sono solo degli invadenti contorni che distolgono l’attenzione dalla cosa più importante, che è la nuova vita.
Per rasserenarmi il mio pensiero va alla mia bambina, alla mia famiglia e a tutte le donne che partoriranno in questo difficile periodo, sento il bisogno di incoraggiarle e trasmettere loro messaggi positivi, di speranza: i nostri bimbi sono nati o nasceranno circondati da un amore immenso. Forza mamme, ai tempi del Coronavirus “la vita è una sfida meravigliosa”!
Voglio continuare ad essere ottimista e a pensare che usciremo vittoriosi da tutto questo. La nascita di Mariella mi ha trasmesso un amore sconfinato e una profonda fiducia nel futuro. Si tratta di un sentimento che faccio fatica a descrivere. Chissà che questa emergenza sanitaria, una volta terminata, non lasci a ciascuno di noi anche qualcosa di buono: magari quel senso di umanità e di altruismo che avevamo un po’ tutti perso di vista, strada facendo.
Voglio concludere questa mia pagina di diario con una frase di Papa Francesco, una frase che mi ha trasmesso tanta forza: “Grazie alle giovani mamme che affrontano le comprensibili paure. I bambini che nascono al tempo del Corona Virus sono un segno di grande speranza”.